Una macchina come Chandra può imparare tramite un processo di apprendimento supervisionato del tipo tentativo -> feedback -> nuovo tentativo. In primo luogo, l’algoritmo tenta di riconoscere un oggetto e di attribuirgli un nome. Durante il processo di apprendimento, il data scientist confronta il nome “vero” dell’oggetto con quello “tentato” dall’algoritmo: se i due non corrispondono, la risposta corretta viene fornita al modello matematico, il quale fa tesoro di questa correzione per essere più preciso quando un nuovo oggetto gli verrà presentato.

Quando non si ha a disposizione un numero adeguato di pezzi difettosi, può risultare difficile applicare metodi supervisionati all'addestramento dell'algoritmo. In questi casi una strategia frequentemente applicata è quella di utilizzare metodi di Anomaly Detection per l'identificazione di oggetti o dettagli rari, che sollevano sospetti differendo in modo significativo dalla maggior parte delle altre immagini.

Per realizzare un algoritmo performante è necessario avere dati consistenti e di buona qualità. Anche in presenza di un numero limitato di dati reali, tuttavia, si può ottenere un sistema robusto grazie a dati sintetici, ovvero dati artificiali che simulano i fenomeni reali. Applicando opportune 'trasformazioni' ai dati disponibili, è possibile crearne di nuovi per ottenere un più ampio set di situazioni realistiche. Inoltre, le tecniche di Transfer Learning consentono di 'trasferire' la conoscenza appresa per risolvere un problema simile, ma non identico, a quello su cui gli algoritmi si sono allenati.